#8

– Cosa sta facendo?
– Lavoro… o quasi… sono al lavoro.
– Non sta guardando le dichiarazioni di voto al Senato?
– No… Leggo le notizie sempre la sera a letto, con calma.
– Le commenta?
– Dove? Con mia moglie? Su Facebook? Nella mia testa?
– Dove le pare. Le commenta?
– A volte… Spesso con mia moglie in tempo reale, con gli amici su Facebook o a cena, ma mi limito molto.
– Perché si limita?
– Per evitare sterili polemiche: siamo tutti troppo impegnati con altro da avere tempo e voglia di approfondire, ci si ferma all’apparenza anche con le notizie.
– Le piace Schifani?
– Non lo conosco abbastanza per poter rispondere: ammetto la mia ignoranza.
– Le piace Crimi?
– Non so chi sia, giuro…
– Enrico Letta?
– Lo preferisco a tanti altri.
– Giorgia Meloni?
– Per carità…
– Perché?
– È contro l’aborto. Approvo altre sue affermazioni ma non questa.
– Quali affermazioni di Giorgia Meloni approva?
– Il diritto al crocifisso, più che altro come polemica contro chi ce lo vuole far togliere (Unione Europea in primis). Le agevolazioni ai neo-imprenditori.
– Il crocifisso le piace?
– Sono un cristiano sui generis… diciamo che non mi dà fastidio. Posso vivere anche senza, ma se mi obblighi a toglierlo allora mi impunto.
– L’aborto è una causa femminista. Lei è femminista?
– Io non sono maschilista, ma non approvo certe ovulazioni femministe.
– Secondo Lei il femminismo è il contrario del maschilismo?
– No, è l’altra faccia della stessa medaglia… mosso da odii diversi però. Sempre che si parli del femminismo di oggi.
– Quali ovulazioni non approva?
– Il vedere marcio in qualunque cosa: barzellette, humor macabro, pubblicità di intimo femminile.
– Nient’altro?
– Il loro populismo totalitario a senso unico. E la loro vigliaccheria nel non rispondere a domande scomode.
– Per esempio quali domande?
– Al concertone del primo maggio, perché Fabri Fibra no ma Lou Reed sì? Ricordo che Lou canta di come sia bello farsi di eroina, di come sia bello essere nero per avere tante mignotte e incularsi gli ebrei, di come sia il caso di gettare in un vicolo buio il trans che ti ha pagato la scopata ma è morto di overdose, di come sia il caso di calciare a calci in culo fuori dal letto la scopata di una notte. Tutte canzoni, badate bene, cantate in prima persona. Ne vuole una seconda?
– No, grazie. Conosce la X MAS?
– Certo.
– Le piace?
– Erano dei soldati cazzuti capaci di grandi cose, come ci sono stati soldati cazzuti capaci di grandi cose in altri eserciti.
– Le piace?
– Mi piace il loro coraggio, perché mi piace il coraggio.
– Come fa a sapere che erano cazzuti? Li ha visti nudi?
– Non ero ancora nato…  Cazzuti: forti, coraggiosi, possenti, astuti.
– Sono virtù?
– La forza nel soffiare un calice di cristallo non è una virtù, nel combattere sì. Il coraggio è una virtù, non solo in guerra. L’astuzia non fa mai male.
– E la possanza?
– Idem come per la forza.
– Un uomo nel 2013 deve possedere queste virtù per definirsi tale?
– Dipende.
– Da cosa?
– Se faccio il lottatore di sumo per professione ho bisogno di forza e possanza. Se faccio il politico ho bisogno di forza e integrità morale. Il coraggio di questi tempi serve a tutti per andare avanti.
– Che lavoro fa?
– Ingegnere informatico.
– Nel suo lavoro la X MAS le è di ispirazione?
– Non vedo come potrebbe. Ho avuto coraggio a fare certe scelte ma non vedo il nesso.
– E nel rapporto con sua moglie?
– Idem: ho avuto coraggio a lasciare un Paese, una casa, gli amici e un lavoro per tornare in Italia senza casa, amici e lavoro pur di poter stare con colei che è diventata mia moglie. Ma la X MAS non c’entra nulla.
– Grazie. Arrivederci.
– Arrivederci.

#7

Torna l’autore che al suo esordio è stato capace di mettere d’accordo critica e pubblico e con lui il suo personaggio più riuscito, questa volta alle prese con la tragedia iperrealista. Di concerto con il momento letterario attuale, l’autore compone un testo di difficile collocazione, ambizioso: un romanzo di formazione, senza dubbio, sebbene ogni etichetta risulti poco utile a incasellarlo: la levità della scrittura, la precisione della parola, la perfezione di una struttura narrativa che non mostra cedimenti. L’impressione che se ne ricava, alla fine della lettura, è che tutto questo potesse essere raccontato solo in quel modo e con quelle parole. L’incipit contiene l’intera storia; la trama ha poca importanza, così come l’ambientazione. Un racconto “eterno”, che potrebbe essere ambientato ai giorni nostri come nell’Ottocento o nel futuro: poco importa. La maestria dell’autore è in grado di racchiudere il dramma in poche pagine e di farlo esplodere senza deflagrazione, come una bomba sotto la superficie dell’acqua di mare che si increspa leggermente e poi si innalza per ricadere infine placida su se stessa e continuare a scorrere. Questa è la sensazione che si assapora affrontando queste pagine: un romanzo costruito sulla parola, sulla scelta della frase più adatta a rendere questa o quella sensazione, qualunque essa sia. I personaggi sono passati ai raggi X e diventano un’intensa carrellata di profili psicologici del nostro tempo.
Correte ad acquistare questo libro.

#6

A un osservatore attento non sfuggiranno gli angoli creati dal divano rispetto agli altri elementi-chiave della stanza.

Con l’armadio-specchio ad ante scorrevoli l’angolo è di soli 14°, a indicare l’assenza di relazioni tra il divano e l’armadio, il rapporto di mutua alienità tra l’atto del sedersi e quello del vestirsi. Espediente studiato, di sicuro effetto, che permette alla porzione di stanza in esame di imporsi, sì, ma con una certa grazia.

Più spiccato il contrasto di 93° tra il divano e l’ampia finestra, un angolo retto mancato che architettonicamente pone quesiti importanti, che è inutile stare a sottolineare. Contrasto tuttavia marcato ulteriormente nei rari momenti in cui, in assenza di rivestimenti materici in cotone grezzo colorato, è il bianco del divano a sottolineare quell’abisso di 3° oltre l’angolo retto.

È con la poltrona posizionata accanto alla finestra, tuttavia, che il divano traccia l’angolo più ambiguo della stanza, se non dell’intero appartamento. Rapporto difficile, si diceva: un recupero parziale dello scarto retto a 93° con la finestra (con cui la poltrona si attesta su un imponente 104°), in favore di un più sobrio, armonico 60°, che anche astrologicamente porta lontani dal concetto di quadratura e verso un perfetto sestile. Lo scopo di questo rapporto angolare dinamico è tanto semplice quanto evidente: la creazione di un ambiente in cui conversare senza opporre all’interlocutore sguardi obliqui disarmonici, e quella di creare uno scarto con l’esterno, rappresentato dalla finestra, qui sia simbolo di una generica minaccia che di protezione da agenti esterni (rumore, agenti atmosferici, organismi, inquinamento).

#5

“Una grande soddisfazione, che dire. Quando ho iniziato a scrivere il romanzo, mai avrei pensato di vederlo pubblicato”. Con queste parole XXX, classe XXX, ha salutato l’uscita del suo primo romanzo, XXX.

Il ragazzo, studente di XXX presso l’università XXX, non è estraneo al mondo della scrittura. Nel XXX, ha vinto la sezione under XXX della seconda edizione del Premio Letterario XXX, e nel XXX il premio “XXX” del concorso XXX.

Nel suo romanzo, l’autore descrive le novità, gli stupori e la routine che un ragazzo, appena maggiorenne, si trova ad affrontare. In particolare, si sofferma sul rapporto con i genitori, con i professori, con gli amici e con l’altro sesso.

XXX è stato pubblicato dalla XXX, una casa editrice XXX di dimensioni non certo eccessive, ma che in un mondo come l’editoria è riuscita a farsi prepotentemente spazio riuscendo a pubblicare anche nomi non celebri.
“Prima della XXX” continua XXX “altre case editrici a cui avevo mandato il romanzo mi avevano inviato dei contratti di pubblicazione. Ognuna di queste, però, inseriva nel contratto una clausola che mi imponeva il pagamento di più di mille euro. Con la XXX questi problemi non ci sono stati”.

Con un linguaggio scorrevole e senza peli sulla lingua, il giovanissimo autore, in appena XXX pagine, ripercorre la strada dell’anno più significativo del liceo, l’ultimo. Leggere parole scritte non da un adulto che guarda con nostalgia al passato, ma da una persona che dai diciotto anni ci è uscita da pochissimo rende questo romanzo diverso da molti altri.

L’autore, bocciato agli esami di maturità svoltisi nell’anno scolastico XXX, inserisce tra i ringraziamenti conclusivi i suoi professori del XXX. Essi hanno infatti il merito di avergli insegnato quanto chi abbia il coltello dalla parte del manico possa veramente fare come gli pare, anche quando la ragione si trovi da tutt’altra parte.

Non nasconde, tuttavia, la sua soddisfazione per i traguardi raggiunti nel campo della scrittura, nonostante le continue insufficienze rimediate in Italiano.

#4

– A quando risale la chiusura del “Quick“?
– Saranno un paio di mesi, adesso c’è una tavola calda/bar/pizzeria, si chiama Rose bar o qualcosa del genere. Non ci sono mai andata anche se vivo in via Enzo Benedetto.
– Perché?
– Non ci sono mai stata per una questione di principio: 3 o 4 anni fa in estate volevamo cenare lì ma non avendo prenotato ci hanno praticamente cacciato dal locale che era ancora vuoto (erano le 19.40); siamo andati in un altro posto qui vicino e quando siamo ripassati intorno alle 21 c’erano ancora molti tavoli vuoti. Allora abbiamo deciso che non ci avremmo mai più messo piede. Però dei miei vicini ci andavano tutte le settimane per seratine romantiche o compleanni.
– Ai suoi vicini piaceva il “Quick”?
– Sì, piaceva tantissimo, erano anche molto in confidenza con il cuoco/gestore tanto da chiamarlo Gibbo (anziché Gilberto).
– Però i clienti scarseggiavano, o non si spiega l’improvvisa chiusura. Da cosa è dipesa, secondo Lei?
– Boh! Certo non è che ci fosse sempre il pienone però era un ristorante conosciuto anche fuori zona.
– Ha mai dato un’occhiata al loro menu?
– No. Però so che Gibbo era specializzato in pesce. Ora che ci penso, la vicina pazza (un’altra, non quella di prima) ci prendeva spesso la tartare di tonno.
– La tartare di tonno è un piatto francese, quindi è sofisticato. Le piace?
– …
– Le piace?
– Il pesce mi fa abbastanza schifo, soprattutto se non è ben cotto.
– Il ristorante che ha preso il posto del “Quick” serve anche il pesce?
– Non ne ho idea ma credo sia un posto più easy, indirizzato ai pranzi veloci degli impiegati della BCC.
– L’economia della via è retta dagli impiegati o dai residenti?
– Di sicuro dagli impiegati, anche la pizzeria sotto casa ha avuto un forte calo la sera e si salva con i pranzi. È la sede centrale della BCC, ci sono centinaia di impiegati.
– Secondo Lei il nuovo locale riuscirà a risollevare le sorti della ristorazione in via Mario Broglio?
– Secondo me è un posto triste e indefinito: non è un bar, né un ristorante… magari mi sbaglio però io non ci ho preso neanche un caffè.
– Ultima domanda: quali locali della zona si sente di consigliare?
– “Meeting place pizzeria” (via Enzo Benedetto 26a) e “Galloway”.
– Perché?
– Al “Meeting place” la pizza è buona e il prezzo nella norma. Il “Galloway” è un bel locale, birreria e fanno il galletto alla brace.
– Arrivederci.
– Per completezza: il nuovo locale si chiama “La vie en rose”, bar/ristorante/tavola calda.
– Arrivederci.

#3

– Che cosa sta facendo?
– In questo momento stretching per i quadricipiti.
– Perché?
– Be’, è indicato prima di cominciare l’attività fisica vera e propria.
– Cosa significa che “è indicato”?
– Fare stretching. Per i muscoli.
– Fa stretching solo per i quadricipiti?
– No, certo. Poi lo farò anche per i tricipiti, per i dorsali e per i bicipiti. La schiena, soprattutto. È importante.
– Quanti anni ha lei?
– Trentasei.
– E si sente in forma?
– Direi di sì.
– Fa attività fisica per migliorare il suo stato o per conservarlo così com’è?
– Bella domanda.
– Che cosa risponde?
– Per mantenerlo così com’è.
– Quindi si piace.
– In che senso?
– Le piace il suo aspetto fisico attuale?
– Abbastanza, sì.
– Come mai allora ha deciso di iniziare a fare esercizio fisico?
– Gliel’ho detto: per mantenermi così.
– Quante volte viene in palestra di solito?
– Due o tre volte alla settimana.
– Tutto l’anno?
– Tranne agosto, perché vado in vacanza e comunque la palestra chiude.
– Paga molto?
– No, l’abbonamento è onesto.
– Quanto?
– 460 euro all’anno.
– Ha pagato in un’unica soluzione o a rate?
– Ho scelto le rate.
– Come mai?
– Non si può mai sapere.
– Che cosa intende dire?
– Sa, con i tempi che corrono.
– Intende dal punto di vista economico?
– Certo.
– Non trova immorale spendere soldi in attività fisica?
– Meglio non pensarci. Comunque io faccio beneficenza.
– Come la fa?
– Ho la tessera di Emergency.
– Non trova una contraddizione nel fare fitness per migliorare lo stato di salute, e quindi per vivere più a lungo, e contemporaneamente dover aspettare la morte per essere ripagata della sua condotta morale?
– Non ci avevo mai pensato.
– Come continuerà il suo esercizio?
– Farò ancora stretching per venti, anzi quindici minuti. Adduttori, glutei a terra e qualcosa alla sbarra.
– Dia qualche consiglio pratico a chi volesse cimentarsi con l’attività fisica.
– Costanza, soprattutto. Senza dimenticare che anche l’alimentazione è importante.
– Lei segue qualche dieta?
– Mi limito a fare attenzione.
– Cioè?
– Niente carboidrati a cena, molti legumi e verdure. Carne e pesce almeno tre volte a settimana e tanta frutta, soprattutto a colazione.
– Dolci?
– Il minimo indispensabile.
– Alcolici?
– Quasi niente. Vino, al massimo. Poco e mai lontano dai pasti.
– C’è un esercizio che le crea più fatica di altri?
– Allenare gli addominali.
– Questo tipo di esercizi li svolge a terra o usa dei macchinari?
– Preferisco usare dei macchinari: ho paura di infortunarmi alla schiena.
– E per le gambe?
– Semplice squat.
– Niente attrezzi?
– No, temo di sbagliare carico e di procurarmi danni ai legamenti.
– Corsa?
– Corro, sì.
– Qui in palestra o all’aperto?
– Più che altro sul tapis roulant. Così tengo sotto controllo frequenza cardiaca e chilometraggio.
– Riesce a fare buoni tempi?
– Sto puntando a percorrere dieci km in meno di cinquanta minuti.
– È un traguardo ancora lontano?
– No, ci sono quasi.
– Le darà soddisfazione farcela?
– Sì, credo di sì.
– Lei abita qui vicino?
– No.
– Usa la macchina?
– Sì.
– Le piace guidare?
– No, sono sempre in tensione quando sono al volante.
– Preferirebbe usare il taxi?
– Se potessi permettermelo girerei solo in taxi.
– Le piace questa palestra? Al di là del prezzo, intendo.
– Sì è molto luminosa e poi ci sono i dvd gratis.
– Lei è single?
– Diciamo di sì.
– Può essere più specifica?
– Preferirei di no.
– Grazie e arrivederci.

#2

via Mario BroglioProsecuzione naturale di via Paul Cézanne, via Mario Broglio sfocia in via Casale Ferranti. Sprovvista di esercizi commerciali – comunque presenti nel circondario a pochi isolati di distanza – la strada presenta alcuni vantaggi dal punto di vista abitativo: le ultime misurazioni fonometriche, per esempio, hanno rivelato un inquinamento acustico trascurabile, soprattutto grazie alla scarsità di traffico veicolare e attività commerciali, artigianali o ricreative. Dotata di due sensi di percorrenza, sul lato destro (venendo da via Casale Ferranti) è possibile parcheggiare gratuitamente con disco orario visibile sette giorni su sette h24. Un vantaggio psicologico non indifferente per una cittadinanza prostrata dalla ricerca dello spazio della dimensione giusta per la propria vettura; in via Mario Broglio il tempo non va mai sprecato. Lontani dalle “notti bianche”, i residenti hanno riscoperto col tempo il piacere della condivisione a “chilometro zero”: riprova ne è il successo dell’unico punto di ritrovo della via, il ristorante-pizzeria “Quick”, situato all’angolo con via Enzo Benedetto. Locale moderno, accattivante nel design e dotato di un ambiente informale reso rilassante dalla piacevole musica di sottofondo, spesso eseguita anche dal vivo. Il menu rivisita la tradizione culinaria mediterranea e romana, con piatti tra i quali il filetto bardato al lardo di Colonnata con salsa ai funghi porcini tartufata, oppure gli involtini di spigola ripieni di funghi porcini e zucchine. Vini selezionati e un servizio efficiente (“unico nel suo genere”, recita la brochure) coordinato dallo chef Gilberto Antonelli, fanno del “Quick” una location che dimostra come la Capitale abbia ancora da offrire in termini di qualità, anche al di fuori delle solite rotte turistiche. Non solo svago, comunque. Via Mario Broglio ne ha anche per chi avesse perso voglia o energie per godersi vita notturna e divertimenti: il tanto verde, infatti, le aiuole e addirittura un parco per l’addestramento dei cani costituiscono una valvola di sfogo per i più anziani e i bambini. Ma attenti alle buche: anche qui la grande piaga dell’Urbe ha attecchito, rendendo difficoltosa la vita a motocicli e carrozzine.

#1

– Lei fa la spesa qui abitualmente?
– Sì, da quando hanno aperto.
– Cioè da quanto, più o meno?
– Saranno sei mesi.
– Quale genere di prodotti acquista qui e quali presso i rivenditori classici, le botteghe ecc.?
– Di solito compro tutto qui, e chi ce l’ha il tempo di farsi il giro dei negozi? Mi dispiace per Luigi ma il supermercato è troppo comodo.
– Chi è Luigi?
– Il pizzicagnolo di via Seneca.
– Lei quanti anni ha?
– Che domande…
– Dunque?
– Diciamo che sto negli -anta.
– Ha visto le offerte speciali di oggi o farà il giro di tutto il supermercato?
– Un’occhiata gliel’ho data, ma devo farmi tutto il giro o mi sfugge sempre qualcosa.
– Partiamo dall’inizio, allora. Marche di surgelati che consiglia?
– La Findus è una garanzia.
– La sottomarca del supermercato la snobba?
– Non sempre, non sempre. Dipende dalle offerte. Una volta ci ho preso dei pisellini niente male. Un sughetto che mio marito ancora si lecca i baffi.
– Erano pisellini Findus?
– No, erano della sottomarca di qui.
– Il risparmio è stato consistente?
– Quasi due euro di meno.
– Rispetto allo stesso prodotto Findus o al prezzo originario della sottomarca?
– Non lo so, c’era scritto così.
– E dopo i surgelati…
– Insalate, ma quelle non le prendo mai al supermercato.
– E dove le prende? Ha un fruttivendolo di fiducia?
– Le prende mio marito quando torna dall’edicola. Verdura e giornale, ogni mattina. Infatti quando rientra in casa fa la battuta: Tempo di lattuga! La stessa battuta da trent’anni.
– Di fronte alle insalate ci sono i caffè. Quale marca preferisce?
– Lavazza Qualità Oro. Non c’è paragone. Altro che Kimbo.
– È l’aroma a convincerla? O il gusto?
– L’aroma, è tutta un’altra cosa. Quando apro il pacchetto con le forbici arriva questa fragranza incredibile, mi sento bambina per quanto è buona.
– La definirebbe “inebriante”?
– [ride]
– Dunque?
– Sì.
– Poi marmellate, conserve, cereali, formaggi sotto vuoto?
– Lì davvero guardo solo le offerte speciali del giorno.
– Marche?
– Il Leerdammer lo prendo spesso. Magari ne mangio qualche pezzetto mentre preparo la cena.
– Il formaggio da solo?
– Con un pezzetto di pane. Un cracker.
– Che tipo di cracker?
– Di solito Saiwa, ma se non li trovo (vanno a ruba!) vanno bene pure quelli della sottomarca.
– Sì ma quale tipo? Salati in superficie?
– No no, li prendo non salati. Coi problemi di circolazione che abbiamo mio marito e io…
– E il latte? Parzialmente scremato o intero?
– Sto provando quello ad alta qualità… della… non mi ricordo la marca.
– Ci pensi su.
– Parmalat?
– Le capita mai di buttare il latte perché è scaduto?
– Il giorno prima lo faccio bollire, così si mantiene. Mio marito beve pochissimo latte perché gli fa acidità.
– È in cura da un gastroenterologo?
– Sì, da anni, ma è un suo amico di infanzia.
– Come si chiama?
– Il dottor Rumi, ha lo studio giù a Prati.
– Al banco gastronomia prende qualcosa?
– Niente di che, ricotta di mucca, bresaola, qualche volta mi regalo un po’ di San Daniele.
– Caro?
– Dipende dal giorno. Sta sui 37 euro al chilo ma spesso lo mettono in offerta e io faccio razzia.
– Quanto ne prende quando è in offerta?
– Anche tre etti.
– Nel corridoio dei biscotti prende qualcosa?
– Il Pan Bauletto del Mulino Bianco, quello con la confezione verde perché ha i cereali e mi piacciono sotto i denti. Non sono proprio croccanti ma fanno un effetto piacevole.
– Poi?
– Biscotti.
– Sì ma quali?
– Sempre Mulino Bianco. Di solito i Tarallucci, ma a volte penso chi se ne frega del burro e prendo le Macine.
– Controlla le calorie quando sceglie questi prodotti?
– Una volta sì, ora no, le so a memoria e comunque non importa più alla mia età. Comunque guardi che prima dei biscotti c’è il banco carni eh!
– Ah, certo.
– Ehehe, non mi sfugge niente.
– Che genere di carne preferisce?
– Almeno una volta a settimana il fegato. Lo faccio alla veneziana, è il mio piatto preferito. Poi petti di pollo, a volte due fettine ma raramente per via del colesterolo.
– Carne italiana? Argentina?
– Sempre italiana. Quelli scrivono argentina ma chissà di dov’è.
– Conserve? Tonno in scatola? Prodotti bio?
– Questa cosa dei prodotti bio non la capisco proprio, sa? Costano il doppio e sono uguali secondo me. Ma perché la gente ci va pazza, tutti appresso alla moda come le pecore. Scusi eh, però sono proprio uguali.
– Quindi non ne acquista mai?
– Una volta ho preso le gallette di riso. Sembravano di plastica.
– Come conclude il suo giro nel supermercato?
– Faccio il solito giro veloce tra le cose per la casa, carta igienica, tovaglioli di carta, deodorante se serve, bagno schiuma, shampoo, detersivi, quelle cose lì. E poi…
– Quali marche?
– Quelle classiche: Scottex, Dove, Ajax.
– Cosa della linea Ajax?
– Ajax Multisuperficie, perché lo posso usare davvero dappertutto, e poi lo spray per la doccia.
– Intende l’Ajax Shower Power?
– Mi pare di sì.
– Una spesa come la sua direi che si aggira intorno ai 30 euro.
– Ma no, di più. Alla fine – e lo so che è strano – solo alla fine vado al banco frutta. Ma sa perché? È che ho paura che poi nel cestello mi si ammaccano le mele e le banane.
– Compra molta frutta?
– A chili, ci vado pazza. La frutta è il mio snack preferito.
– Frutto preferito?
– Lo confesso: le prugne secche.
– Sunsweet, ovviamente.
– Ce ne sono altre? Ehehe…
– Quindi alla fine spende più di 30 euro alla volta?
– Sì, provo a tenermi sui 40 euro, un paio di volte a settimana. Ma non è che compro sempre le stesse cose eh? Il bagno schiuma mica dura tre giorni… anche se in casa mia si usa tantissimo, ci facciamo almeno una doccia al giorno.
– Capisco.
– Allora a posto così? Posso andare?
– Sì, grazie. Arrivederci.
– Ma per quale giornale era questa cosa?
– Arrivederci, signora.