#65

È dai tempi antichi che la pubblicità ci racconta chi siamo. La pubblicità è la nostra anima, vero specchio di molte cose che ci riguardano. Nella pubblicità ci siamo noi. Eppure non sempre ce ne accorgiamo. Abbiamo fatto alcune domande alle persone per sapere le cose.
«Le piace la pubblicità?»
«No.»
Ma a parte l’occasionale pessimista che vede tutto nero e augura un futuro di morte e dolore a chi non è come lui, ci sono altre persone che sono davvero disposte a confrontarsi, a raccontarci chi sono e da dove vengono, ad aprirci il loro cuore. Per esempio questa signora della provincia di una città, a cui abbiamo posto la stessa domanda.
«Dipende.»
«Da cosa?»
«Dalla pubblicità.»
«Possiamo dire che la pubblicità le piace se testimonia la sua complessità? Il suo sfaccettato mondo interiore?»
«Boh.»
E in quel “boh” c’è tutto un mondo, è inutile che ve lo sottolineiamo.
Un giovane studente della scuola italiana ci ha fatto scoprire che esiste anche una contestazione costruttiva alla pubblicità. Gli abbiamo chiesto: «La pubblicità? Sì o no?»
«No, mi fa schifo!» ha esclamato sputacchiandoci involontariamente in faccia con simboliche gocce di saliva.
«Perché?»
«Perché sembrano tutti cretini e danno il messaggio che chi le guarda è ritardato.»
«E non lo è?»
«A forza di guardare gli spot sì.»
«Quindi lo è?»
«Cosa?»
Beata gioventù, che si perde in un bicchiere d’acqua ma non rinuncia alla lotta senza quartiere contro le istituzioni e l’establishment. Ma i giovani non sono tutti così politicizzati. Alcuni preferiscono vivere la loro vita biologica fatta di cose semplici, cose belle, cose pure. Come questa futura elettrice di cinque anni, a cui abbiamo chiesto: «Pubblicità? Bella?»
«Mi piace quella delle bambole e dei giocattoli così me li comprano a Natale!»
«Quindi è bella. Quando sarai maggiorenne voterai pro o contro la pubblicità?»
«Io sono una Winx!»
«E le Winx sarebbero esenti dalla coscienza di sé come parte di un mondo complesso? È questo il concetto che tenti di esprimere con le tue parole? Che tu non sei parte del cosmo bensì è il cosmo a contenerti?»
La bambina è corsa via gaia in cerca delle sue amiche. Ci auguriamo che abbia intavolato un dibattito sulla pubblicità, questa compagna di vita da cui non possiamo più prescindere per valutare il nostro posto nella misteriosa creazione chiamata “creazione”.

#55

Ad alcune persone piace la musica per il ritmo (72%), ad altre per le armonie (19%), a certe per i testi significativi delle canzoni (6%). Ad altre persone, invece, la musica non piace o fa vomitare. Grazie a una piccola dose di siero della verità recapitataci in redazione da un anonimo lettore che ne ha sottratto alcune fiale misteriose presso la Questura di Lecco, siamo riusciti a ottenere preziose informazioni su quali sono le ragioni profonde per cui le persone amano il famoso rocker Vasco Rossi, le cui grandi performance dal vivo richiamano esseri umani da ogni angolo del Paese (l’Italia).
Il primo interpellato è un adolescente a caso di Arezzo.
«Beva questo.»
«Cos’è?»
«Lo beva. È gratis.»
«Sa di cedrata.»
«Sì, bene. Ora ci dica perché le piace Vasco Rossi.»
«Perché ho due neuroni in croce e fare il gesto della fica allo stadio mi fa sentire parte di qualcosa di grande. Ma che ho detto?»
«Grazie.»
Avviciniamo un altro giovane, di estrazione apparentemente meno umile.
«Beva questa cedrata. È tipo il Viagra.»
«Buonissima.»
«Grazie. Sappiamo che le piace Vasco Rossi. Ci dica perché.»
«Perché è rozzo, sciatto e volgare come sarei anch’io se non fossi schiavo della mia classe sociale, che mi impone di vestire in un certo modo e di darmi un tono.»
«Arrivederci.»
La persona seguente con cui parliamo è una signora con i capelli.
«Tenga, è cedrata speciale.»
«Non ho sete.»
«Beva lo stesso.»
«…»
«Ottimo. Ora ci dica perché in macchina ascolta spesso il brano “Alba chiara” del cantante emiliano-romagnolo Vasco Rossi.»
«Perché i suoi brani sono poesie per analfabeti che posso condividere su Facebook ottenendo molti mipiace. Inoltre mi rafforza nel mio ruolo di vagina semovente bramata da maschi animaleschi che fingo di detestare in quanto sessisti. O santo cielo… ma che sto dic-»
«Buona serata.»
L’ultima persona a cui somministriamo la finta cedrata (per nobili scopi antropologici) è un uomo che indossa delle scarpe scamosciate e tiene un iPhone nella mano sinistra.
«Dunque Vasco Rossi?»
«Perché sono in tutto e per tutto un italiano medio e tendo al ribasso.»
«Ne è certo?»
«Naturalmente. Sono inutile, no? Ah ah ah!»
«Grazie.»

#47

La nuova legge sull’omofobia promossa da un tale politico ha scatenato un vespaio di polemiche. Ma a noi di The Oslo Review queste polemiche non interessano perché andiamo al nocciolo della questione e facciamo giornalismo sul campo: noi chiediamo alle persone cosa pensano delle cose.
Abbiamo chiesto al nostro tabaccaio di fiducia, che tutti ritengono omosessuale, cosa pensa della legge.
«Cosa pensa della legge?»
«Che è un bel casino.»
«E quella sull’omofobia scritta da quel politico?»
«Non la so.»
Ma il tabaccaio è solo uno dei molti omosessuali più o meno gay che hanno un atteggiamento di sfida nei confronti di questa legge. Per vederci chiaro abbiamo fatto una telefonata.
«Pronto, cosa pensa della legge sull’omofobia?»
«Chi è?»
«Non chi, cosa. È una legge.»
«-click-»
Ci aspettavamo reticenza perché il tema è scottante, ma questa è vera e propria omertà. Un nostro redattore, giornalista militante sul campo del giornalismo sulle cose e le questioni, ha deciso di interpellare un’associazione omosessuale per raccogliere pareri autorevoli.
«Lei è gay?»
«Sì.»
«Lei è anche passivo?»
«Scusi?»
«Lei, nel corso di un rapporto sessuale con uno o più sconosciuti, viene penetrato?»
«Saranno pure affari miei, credo.»
«Cosa significa essere passivi da un punto di vista psicologico?»
«Credevo di dover parlare della legge di Scalfarotto.»
«Ogni cosa a suo tempo. Allora, i passivi?»
«…»
«Risponda.»
«…»
«Risponda.»
«…»
«Risponda.»
«Io me ne vado.»
«Va a farsi penetrare oppure a penetrare?»
«Il suo atteggiamento è offensivo. E pure omofobico.»
«Siamo giornalisti, non possiamo essere tacciati di omofobia. Siamo come il papa.»
«Andate al diavolo.»
«Allora lei è cattolico?»
Il militante è andato via, indignato dalla profondità della nostra inchiesta. Ma noi di The Oslo Review non ci arrendiamo mai. Perciò abbiamo deciso di fare un ultimo tentativo chiamando direttamente la persona della politica che ha voluto e firmato questa legge. Troviamo il suo numero di telefono grazie alla rete Internet.
«Pronto?»
«Lei è una donna. Vorremmo parlare con il politico della legge sull’omofobia.»
«Può dire a me.»
«Il politico è omosessuale?»
«Direi proprio di sì.»
«Che significa? Che lo è molto? O sta insinuando che è molto passivo?»
«Ma chi parla?»
«La redazione di The Oslo Review – sito di informazioni sulle cose. Stiamo facendo un’inchiesta sulla legge sull’omofobia che ha sollevato un vespaio di polemiche.»
«Può trovare il testo completo della legge on-line.»
«Noi vogliamo sapere se il politico che l’ha redatta è un vero omosessuale, cioè se è passivo.»
«La saluto. Arrivederci.»
Cari lettori di The Oslo Review, come vedete questa della legge sull’omofobia è una questione scottante che divide le persone. La maggior parte degli esseri umani non se la sente nemmeno di parlarne in quanto tema infuocato che agita gli animi dei cittadini portandoli alla reticenza. Che dipenda proprio dalla legge? Che sia fatta male? Che non difenda abbastanza i diritti di chi desidera solo vivere in pace accogliendo peni e quant’altro all’interno del proprio corpo? Ancora non lo sappiamo, ma continueremo a indagare.

#40

Nella vita di tutti i giorni le persone spesso hanno dei problemi. C’è chi ha problemi di salute, chi di lavoro, chi invece ha problemi mentali e picchia le altre persone (a volte arrivando a uccidere, che è una cosa abbastanza grave). Come risolvere questi problemi in modo da non averne più? La soluzione spesso è più semplice di quanto si immagini.
Per prima cosa proviamo a focalizzare il problema. Una volta che l’abbiamo individuato, risolviamolo. Certo, a volte non è semplice. Alcuni problemi sono complessi, richiedono l’intervento di più di una persona (per esempio due persone, oppure tre, quattro, cinque, sei, eccetera); altri problemi invece possono essere risolti da una sola persona (generalmente si tratta di quella che ha il problema).
Se avete un problema piuttosto complesso, provate a scriverlo su un pezzo di carta e poi leggetelo. Quando sarà chiaro cosa fare per risolvere il problema, fatelo.
Abbiamo parlato con una persona a proposito del suo problema. Ecco cosa ci ha raccontato.
– Lei ha un problema?
– Sì, come tutti.
– Ha mai pensato di risolverlo?
– Ci penso spesso, certo.
– Ci pensa soltanto o fa anche qualcosa per porre fine a questo problema?
– Non è così facile.
– Certo che lo è. Pensi al problema e poi lo risolva.
– Be’, ma…
– Lo faccia.
– Va bene.
– Ci sta pensando?
– Sì.
– Perfetto. Problema risolto, allora.
– Dice?
– Certo.
– Grazie.
– Prego. Arrivederci.
Visto com’è facile? Provate anche voi a casa e fateci sapere. Buon 10 agosto spensierato a tutti.

#39

– Ha caldo?
– Molto, sì.
– Come mai?
– In che senso?
– Perché ha caldo?
– Lei non ha caldo?
– Risponda.
– Ho caldo perché fa caldo, che domande sono?
– Vorrebbe che facesse più freddo?
– Vorrei che facesse più fresco.
– Quale dovrebbe essere la temperatura ideale, secondo lei?
– Ma non saprei…
– Provi.
– Direi… sui 25 gradi.
– Adesso quanti gradi ci sono?
– Non lo so. Troppi.
– 87?
– Ma no. Saremmo morti.
– Allora quanti?
– Boh, 38.
– Quindi ci sono tredici gradi di troppo?
– Eh.
– Cosa farebbe se adesso ci fossero 25 gradi?
– Di sicuro non mi sventolerei con questo depliant!
– Che depliant è?
– Mi sembra… è di una banca.
– È interessato ai servizi di questa banca?
– No, l’ho trovato sulla scrivania e mi è sembrato perfetto per…
– Ha provato anche depliant di altre banche per sventolarsi?
– Non saprei dire se…
– In ogni caso questo depliant svolge perfettamente la sua funzione di sventolio, è corretto?
– Credo di sì…
– Come deve essere un depliant per poter sventolare correttamente una persona?
– Ma io…
– Ci pensi.
– Credo…
– Sì?
– Credo che l’importante sia che la carta non sia troppo morbida.
– Vuole dire che preferisce il cartoncino?
– Sì.
– Per una questione di vento?
– Il cartoncino fa più vento, esatto.
– Dove sta andando mentre si sventola?
– Sto rientrando in ufficio dopo la pausa pranzo.
– Riesce a mangiare con questo caldo o deve sventolarsi anche durante il pasto?
– Al bar c’è l’aria condizionata.
– Il caldo non le toglie appetito?
– Mangio frutta, verdura, queste cose qui.
– Segue i consigli di qualche esperto di caldo?
– Cerco più che altro di seguire la logica, il buon senso.
– La logica di chi?
– La mia logica!
– La sua logica le suggerisce di mangiare frutta e verdura per combattere il caldo?
– Cibi freschi, certo.
– E poi?
– Molta acqua.
– Quanta, esattamente?
– Vari litri. Dicono almeno due al giorno.
– Lo dicono gli esperti?
– Sì.
– Le interessano le previsioni del tempo?
– Ogni tanto.
– Ogni tanto?
– Se devo partire, per esempio, le guardo.
– Se deve partire cosa spera? Caldo o freddo?
– Dipende da dove devo andare, ovviamente.
– Faccia un esempio.
– Se devo andare al mare mi piacerebbe trovare il sole.
– Se invece deve andare in montagna vorrebbe la pioggia?
– Ma no…
– E allora?
– Dipende.
– Lei si ritiene un uomo insicuro?
– Non particolarmente. No.
– Crede che il caldo alla fine la ucciderà?
– Oh, è venuto a portare sfiga?
– Mi faccia vedere come si sventola.
– …
– Grazie, arrivederci.

#32

– Lei lavora qui?
– Direi di sì, Lei che dice?
– Quali prodotti compra la gente?
– Come?
– Quali prodotti compra la gente?
– Ma in che senso, scusi?
– Quali prodotti compra la gente?
– …
– Ha capito la domanda? Quali prodotti compra la gente?
– Guardi, c’è fila… non ho tempo…
– Allora chiedo alla signora. Lei quali prodotti compra?
– Ho preso il tris di verdure grigliate.
– Dove l’ha preso?
– Tra i surgelati.
– Com’è?
– Buono… non è male.
– Perché lo compra qui?
– Perché costa meno. E chi se lo può più permettere il supermercato normale?
– Dunque Lei è povera?
– Ah ah ah ah!
– Lei è povera?
– Un po’ più di prima, forse, ma povera povera ancora no…
– E Lei, signore?
Coza?
– Lei è povero?
– Scusi, guardi, c’è fila. Se può mettersi fuori a fare le domande… grazie…
– Un momento. Dicevamo: Lei è povero?
Coza?
– Il signore è rumeno, non La capisce. Può andarsene o devo chiamare il Direttore?
– Signore, Lei è rumeno?
– No, no.
– Lei è bielorusso?
– Sono di Ucraina.
– Lei è povero?
Coza?
– Guardi, deve andarsene.
– Signor Direttore, Lei è povero?
– Sì, come no, esca fuori adesso, per favore.
– Signori, siete poveri? Rispondete.
– Fuori. Vada fuori, grazie.
– Siete poveri o no?
– Ecco, da quella parte, grazie.
– Arrivederci.

#19

ImmagineIl dibattito scientifico impazza: cos’è l’universo e cosa c’era “prima”? Può esistere un “prima” del tempo? Il Big Bang è un concetto superato? E la teoria delle brane? E quella delle comete? Perché esiste tutto? L’esistenza esiste?
Sono domande abbastanza importanti, e le risposte aiuterebbero l’umanità a capire cose cruciali come “Perché?” “Perché ‘io’?” “Perché perché?”, e così via.
Alcuni però non si capacitano dell’ammasso di domande che affolla la mente dei fisici teorici, dei cosmologi, dei neuroscienziati: la risposta, per alcune persone, è molto semplice. La gente è stufa della scappatoia mistica (“È stato Dio!”) e propende per un ragionamento partito “dal basso”, dall’uomo della strada. Ne abbiamo parlato con un tale.
– Allora, questo universo?
– Ma è chiaro: se si teorizza un prima dell’universo e lo si chiama Nulla, visto che a rigor di logica nulla può esistere all’infuori del Nulla se il Nulla esiste, allora non può esistere nemmeno un universo dopo il Nulla e questo di fatto è già il Nulla. Mi spiego? Non ha senso concepire il contrario del Nulla. Insomma, si tratta di un Nulla privo di materia in cui esiste solo il Pensiero.Immagine
– Quindi secondo Lei la realtà non esiste?
– Non è questo il punto. Il punto è che la Coscienza coincide con la cosiddetta Realtà. Tutto qua.
– Va bene. Ora cosa farà?
– Sto andando dal podologo, poi si vedrà.
– Grazie, arrivederci.
– Ciao.

#15

– Cosa ci farà con quel video che ha appena fatto?
– Non ho fatto nessun video.
– Sì.
– Ma ha visto che roba?
– Sì. Cosa ci farà con quel video?
– È un documento!
– Di cosa?
– Ma non ha visto? Hanno ammazzato un uomo!
– No, non ho visto perché stavo guardando Lei.
– Gli hanno tagliato la testa con un’accetta!
– Cosa ci farà con quel video?
– Ma non lo so! Ecco la polizia…
– Darà il video alla polizia?
– Se me lo chiedono, certo!
– La polizia sa che Lei ha fatto quel video col suo telefono?
– Non lo so!
– Glielo dirà?
– Non lo so! Mi lasci in pace adesso.
– E il video?
– …
– Scusi, e il video?
– Appena passa da qui la polizia glielo dico.
– Cosa dirà alla polizia?
– Che ho ripreso la scena, no?, che dice Lei?
– Non lo metterà su Youtube?
– Ma non lo so!
– Ci pensi su. Ce lo metterà?
– Non lo so, cazzo! Mi lascia in pace, per favore? C’è la polizia.
– Lo metterà su Youtube?
– Ma perché devo metterlo su Youtube?
– Perché è un documento, no? L’ha detto Lei.
– Lo darò alla polizia o alla stampa.
– Perché?
– Stanno arrestando quei due pazzi…
– Perché?
– Che scena orribile…
– Quale applicazione ha usato per riprendere la scena?
– Eh?!
– Quale applicazione ha usato? Per riprendere la scena.
– Quella normale dell’iPhone.
– Ci metterà dei filtri? Farà post-produzione?
– La polizia sta mandando via tutti.
– Farà post-produzione per il video di questo omicidio?
– Ma quale omicidio, questo è terrorismo!
– Arrivederci.

#14

– Ci parli di quello che sta facendo.
– Sto ritoccando questa foto con Photoshop.
– Perché?
– Per renderla migliore.
– In che senso?
– Vede, qui e qui: soprattutto in corrispondenza del verde e dell’azzurro. Ma lei chi è?
– Cosa c’è che non va con la foto?
– È sovraesposta.
– Cosa significa?
– Non lo so esattamente, ma si dice così.
– Le pare di stare facendo un buon lavoro?
– Sono abbastanza soddisfatto, sì. Lei è un fotografo?
– Può spiegarci come si fa a modificare correttamente una foto con Photoshop?
– Be’, qui ci sono questi livelli che… si possono spostare a sinistra e a destra, così. Perciò basta muovere qui o qui o qui finché la foto non…
– Di questa foto che cos’ha corretto esattamente?
– Come già le dicevo, ho corretto queste colline e il cielo.
– Cos’è cambiato?
– Adesso il verde è più verde e l’azzurro è più azzurro.
– Le piace scattare fotografie?
– Sì.
– Questa dove l’ha scattata?
– In Umbria.
– Perché proprio in Umbria?
– Mi piace. È un luogo che mi piace.
– Un’altra foto che ha ritoccato di recente?
– Uhm, così su due piedi no.
– Ci pensi.
– Forse…
– Sì, eh?
– Mi pare di aver fatto dei ritocchi a una fotografia di mio figlio.
– Una fotografia fatta da suo figlio o una fotografia fatta a suo figlio?
– Una fotografia che ho scattato io a mio figlio.
– Suo figlio non è fotogenico?
– Certo che è fotogenico!
– E allora che cosa ha modificato?
– I classici occhi rossi.
– Può farmi vedere come si fa a modificare gli occhi rossi con Photoshop?
– È molto semplice… ecco fatto.
– In effetti è molto semplice.
– Gliel’ho detto. Scusi ma lei…
– Non crede sia un inganno modificare le foto con Photoshop?
– No, l’elaborazione digitale è solo l’evoluzione della camera oscura, anzi il suo superamento.
– Interessante. Può spiegarci meglio il concetto?
– Veramente adesso vorrei finire qui e…
– Arrivederci.

#10

– Lei, perché ha suonato il clacson?
– Perché ho fretta e quello non si muove.
– Che intende?
– Intendo che sta fermo! Come un fossile.
– C’è traffico.
– E allora? Se tutti si muovessero anche solo di pochi centimetri, anziché stare fermi, ci sarebbe meno traffico.
– Cosa le dà fastidio del traffico?
– Il fatto di stare fermi.
– Lei non si ferma mai?
– Certo che mi fermo, ma non in mezzo alla strada.
– Dove si ferma?
– Che cosa intende dire?
– Dove si ferma?
– Be’, a casa mia, sul divano, quando leggo, se mi voglio riposare. In macchina odio stare fermo.
– Le dà fastidio stare fermo in macchina o le dà fastidio non poter accelerare?
– Entrambe le cose.
– È spesso in ritardo?
– Odio essere in ritardo.
– Le piace odiare?
– Perché?
– Ha detto già due volte “odio”.
– Non particolarmente. Mi piace di più “amare”.
– Amare cosa?
– Il vino.
– È un intenditore di vino?
– Non proprio.
– Le piace e basta?
– Sì, molto.
– Vorrebbe essere un sommelier?
– Odio i sommelier.
– Ecco un’altra cosa che odia.
– È solo una coincidenza.
– Perché odia i sommelier?
– Parlano troppo.
– Adesso come si sente?
– Bene, ma preferirei poter svicolare tra queste macchine con un motorino.
– Perché non ha un motorino?
– Le due ruote mi fanno paura.
– Ha avuto un incidente che l’ha turbata?
– No.
– E allora?
– Non ho equilibrio.
– Perciò preferisce stare in macchina.
– Sì, perché il traffico non è colpa delle macchine, ma dei guidatori incapaci.
– Suona spesso il clacson?
– Solo quando qualcuno si ostina a rimanere fermo.
– Quando attraversa i centri abitati preferisce evitare di suonare il clacson?
– Sono tutti… centri abitati.
– Se qualcun altro le suona il clacson, cosa pensa?
– È molto difficile che io mi faccia suonare, perché in macchina sono attentissimo e, a differenza di quasi tutti, sono sveglio.
– Ha mai litigato con qualcuno per la strada a causa del traffico?
– Sono una persona rispettabile, non un violento.
– Pensa mai che suonando il clacson qualcuno potrebbe innervosirsi e provocarla?
– Non è mai successo.
– Dove sta andando?
– Al centro commerciale Porta di Roma.
– Perché?
– Ho un appuntamento con l’Apple Store. Devo far riparare il mio iPhone.
– È in ritardo?
– Tra poco lo sarò.
– Si sente nervoso per questo?
– Molto. Come ho già detto, odio essere in ritardo.
– Trova che sia stata un’idea intelligente prendere il Grande Raccordo Anulare a quest’ora?
– Da casa mia è la strada più breve.
– Se potesse tornare indietro sceglierebbe un altro percorso?
– Sì.
– Se potesse tornare indietro cambierebbe molte cose della sua vita?
– Non ci ho mai pensato.
– Ci pensi adesso.
– No, credo di no.
– Lei è un uomo soddisfatto.
– Né più né meno di chiunque altro.
– Grazie, arrivederci.